Il lavoro con i sogni nella Psicoterapia Psicodinamica Integrata
Working with dreams in Integrated Psychodynamic Psychotherapy
Battisti V. ı , Caporale R. ²
ı IRPPI – Istituto Romano di Psicoterapia Psicodinamica Integrata (IT)
² IRPPI – Istituto Romano di Psicoterapia Psicodinamica Integrata (IT)
Riassunto
Il sogno è una preziosa risorsa del lavoro clinico poiché tale fenomeno psichico può essere considerato un’altra forma organizzata di elaborazione detta anche pensiero onirico. L’attività immaginativa nel sogno disvela a terapeuta e paziente come nella vita presente di quest’ultimo ci sia un conflitto motivazionale, una fase evolutiva o una scelta di vita che egli stesso è chiamato ad affrontare al fine di trovare una soluzione creativa e adattiva. Nell’esperienza clinica quotidiana, veniamo a contatto con materiale onirico da cui estrarre un tema, un’immagine che diviene spunto interessante di lavoro terapeutico. Lo psicoterapeuta appartenente a qualsiasi indirizzo, che condivide una visione integrata, accetta l’intuizione e l’espressione del sognatore come fattore che contribuisce allo sviluppo delle sue funzioni di mentalizzazione. Entrambi gli attori protagonisti nella stanza di terapia vivono il sogno come esperienza e lavorano assieme ad una lettura condivisa, comprendendolo empaticamente e, soprattutto, elaborandolo attraverso il certosino e costante lavoro di attribuzione di significato che si intreccia a doppio filo con la storia di vita del paziente. Una metodologia molto distante dalla classica pratica psicanalitica in cui era centrale l’interpretazione unilaterale top/down del terapeuta. Il sogno esprime il pensiero inconscio del sognatore e, dunque, anche i contenuti più preoccupanti e perturbanti, che riguardano quadri di personalità altamente patologici, devono essere considerati al pari di altri indicatori come forme espressive dei deficit o conflitti evolutivi legati al loro funzionamento mentale. Attraverso il lavoro sui sogni incentrato sulla generazione di nuovi significati condivisi e la loro verbalizzazione, è possibile individuare e lavorare per integrare le parti disfunzionali e molto spesso dissociative del sé del paziente.
Parole chiave: sogno, pensiero inconscio, integrazione, mentalizzazione, psicoterapia
Abstract
The dream is a valuable resource in clinical work as it can be considered another organised form of processing, also called dream thinking. Imaginative activity in the dream reveals to therapist and patient how in the latter’s present life there is a motivational conflict, an evolutionary phase or a life choice that he or she is called upon to address in order to find a creative and adaptive solution. In everyday clinical experience, we come into contact with dream material from which to extract a theme, an image that becomes an interesting starting point for therapeutic work. The psychotherapist belonging to any address, who shares an integrated vision, accepts the intuition and expression of the dreamer as a factor contributing to the development of his or her mentalisation functions. Both protagonists in the therapy room live the dream as an experience and work together on a shared reading, understanding it empathically and, above all, processing it through the detailed and constant work of attribution of meaning that is interwoven with the patient’s life story. This methodology is a far cry from classical psychoanalytic practice in which the therapist’s unilateral top/down interpretation was central. The dream expresses the dreamer’s unconscious thoughts and, therefore, even the most worrying and disturbing contents, which concern highly pathological personality pictures, must be considered, like other indicators, as expressive forms of the deficits or evolutionary conflicts linked to their mental functioning. Through dream work centred on the generation of new shared meanings and their verbalisation, it is possible to identify the dysfunctional and very often dissociative parts of the patient’s self and work to integrate them.
Keywords: dream, unconscious thought, integration, mentalization, psychotherapy.
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Introduzione generale al pensiero onirico
“Lo psicoterapeuta ed il paziente sono come due astronomi che studiano il cielo di notte”. Il sogno è una preziosa risorsa del lavoro clinico poiché tale fenomeno psichico e neuropsicologico può essere considerato un’altra forma organizzata di elaborazione detta anche pensiero onirico. L’attività immaginativa nel sogno disvela a terapeuta e paziente come nella vita presente di quest’ultimo ci sia un conflitto motivazionale, una fase evolutiva o una scelta di vita che egli stesso è chiamato ad affrontare al fine di trovare una soluzione creativa e adattiva. Nell’esperienza clinica quotidiana, veniamo a contatto con materiale onirico da cui estrarre un tema, un’immagine, un’emozione che diviene spunto interessante di lavoro terapeutico. Lo psicoterapeuta appartenente a qualsiasi indirizzo, che condivide una visione integrata, accetta l’intuizione e l’espressione del sognatore come fattore che contribuisce allo sviluppo delle sue funzioni di mentalizzazione. Entrambi gli attori protagonisti nella stanza di terapia vivono il sogno come esperienza e lavorano assieme ad una lettura condivisa, comprendendolo empaticamente e, soprattutto, elaborandolo attraverso il certosino e costante lavoro di attribuzione di significato che si intreccia a doppio filo con la storia di vita del paziente, una metodologia molto distante dalla classica pratica psicanalitica in cui era centrale l’interpretazione unilaterale top/down del terapeuta. Il sogno esprime il pensiero inconscio del sognatore e, dunque, anche i contenuti più preoccupanti e perturbanti che riguardano quadri di personalità altamente patologici devono essere considerati al pari di altri indicatori come forme espressive dei deficit o conflitti evolutivi legati al loro funzionamento mentale. Attraverso il lavoro sui sogni incentrato sulla generazione di nuovi significati condivisi e la loro verbalizzazione, è possibile individuare e lavorare per integrare le parti disfunzionali e molto spesso dissociative del sé del paziente.
Secondo la nostra metodologia PPI (Psicoterapia Psicodinamica Integrata) nel sogno avviene una sintesi tra aspetti emotivi ed aspetti cognitivi che trovano modo di organizzarsi secondo una tendenza storico/narrativa. Compito del terapeuta è affiancare ed accompagnare il paziente nel luogo del sogno “scaldandolo” ed “illuminandolo” (Bolognini, 2016). Così come accogliamo nel racconto situazioni problematiche senza giudizio, così riceviamo il sogno senza risoluzione o interpretazione affrettata che “inquina” il naturale flusso dei significati che emergono, spesso spontaneamente. Un’indagine empatica avvalora l’esperienza del sogno e convince maggiormente il paziente della vivezza e della significatività della sua esperienza onirica (Fosshage, 2005).
Secondo la nostra impostazione, il terapeuta potrà esaminare l’espressività e rappresentatività del sogno, attraverso tre forme eloquenti di osservazione del sogno: il percorso storico (PS), l’espressione armonica (EA) e la nota sentimentale (NS). Immaginiamo il sogno come un film osservato attraverso queste tre dimensioni, ossia tramite il racconto di ciò che sta avvenendo, tramite la disposizione e la collocazione degli elementi (personaggi, oggetti, dinamiche) e tramite il contributo affettivo per cui il paziente sente e prova emozioni sia mentre sogna (e quindi riportandole nel racconto), sia quando lo narra, rivivendo così le impressioni e i turbamenti.
Queste dimensioni ci restituiscono una visione d’insieme nella quale, oltre la componente visiva si aggiunge quella corporea e soggettiva del paziente. Allo stesso momento, diamo spazio ed importanza anche a ciò che viene immaginato e provato emozionalmente dallo psicoterapeuta durante il racconto e che può essere restituito al paziente, aggiungendo valore alla emozionalità e riflessività comune.
L’utilizzo del sogno in modo esperienziale con una lettura condivisa porta alla consapevolezza della problematica sulla quale incentrare un lavoro terapeutico.
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La funzione psicodinamica dei sogni
Il metodo PPI utilizza nel lavoro clinico i sogni in modo diverso rispetto alla concezione classica, frutto di una visione aggiornata derivata dalle ultime revisioni psicodinamiche e neuroscientifiche.
Durante il sogno avviene un’intensa attivazione dell’amigdala e della corteccia cingolata, aree attive nel processamento emotivo che dà ragione di una prima importantissima funzione psichica dello stesso, ossia quella tradurre in maniera simbolica tutto ciò che ci interessa o ci turba nella veglia. Le aree attive sono, oltre la corteccia visiva, anche la corteccia motoria che mette in scena il «teatro» del sognatore simulando scenari e movimenti (Walker, 2009).
Da un punto di vista più strettamente psicodinamico, in una concezione più attuale, si pensa che il senso del sogno abbia un significato di per sé e non nasconda qualcos’altro (Migone, 2005). Freud (1899) ipotizzò che i sogni fossero motivati alla soddisfazione di un desiderio (solitamente sessuale o aggressivo) che veniva censurato dal lavoro onirico con la produzione di un contenuto manifesto e sottostante un contenuto latente, parallelo al primo. La censura aveva uno scopo difensivo nel permettere la gratificazione degli impulsi senza turbare il sognatore. Per tale ragione, il sogno era considerato il guardiano del sonno.
Si ritiene di ripensare il contenuto manifesto dei sogni come immagini e narrazioni che abbiano un valore di per sé ed eventualmente compreso come significato a sé stante. Si rifiuta il parallelismo tra contenuto manifesto (nascosto, mascherato, simbolizzato) e contenuto latente (vero messaggio, interpretazione del primo). Le immagini manifeste del sogno, possono esprimere quello che sono e rappresentare una forma di elaborazione profonda di pensiero. I contenuti mentali del sogno vengono continuamente sviluppati durante il sonno, un’attività che, ovviamente, avviene anche durante la veglia (Mignone 2005b). Il sogno può avere un ruolo nel processamento delle emozioni che si siano vissute durante lo stato di veglia di quella particolare giornata, una sorta di «terapia notturna» che aiuti a riformulare eventi emotivi della quotidianità (preoccupazioni, ansie, eventi importanti), un lavoro elaborativo teso alla creazione di possibili control ed exit strategy.
Kohut (1977) ipotizza che quando il Sé è minacciato da uno stato di frammentazione o di dissoluzione, la funzione del sogno è quella di ripristinare il Sé; sono i sogni che egli chiama “sogni sullo stato del Sé” (self-state dreams). Sarebbe sbagliato associare le narrazioni del sogno ad immagini o interpretazioni specifiche, si rischia di ridurne la complessità e distorcere le altre possibilità di significato.
Il sogno può assolvere a diverse funzioni che hanno a che fare sia con un aspetto di tipo evolutivo che di problem solving per migliorare sempre di più l’adattamento ed il funzionamento mentale (Kramer, 1993). Spesso, infatti, quelle che si producono sono immagini di prefigurazione in cui si è mossi o frenati da qualcosa sia a livello conscio che inconscio. Fosshage (1983): «la funzione sovraordinata dei sogni consiste nello sviluppo, mantenimento (regolazione) e, se necessario, riparazione dei processi psichici… e dell’organizzazione [psicologica]». L’attività mentale durante il sogno, così come durante la veglia, ha dunque una funzione organizzatrice e può andare da processi cognitivi elementari, ad esempio il rivivere momentaneamente un avvenimento, fino a processi cognitivo-affettivi o meta-cognitivi complessi, quale la risoluzione di problemi emotivi o intellettuali complessi.
Riportiamo uno stralcio di materiale onirico esplicativo di questa importante funzione: “Ero in una casa di campagna sperduta, forse casa dei miei genitori, era buio provavo a chiudere le finestre ma queste si riaprivano, ero infastidita ma avevo anche paura” (donna di 36 anni). In questo sogno si evidenzia la difficoltà della paziente di mettere dei confini chiari con le figure genitoriali molto intrusive. Ogniqualvolta la paziente provi a distanziarsi, si “riapre” un problema o una preoccupazione. L’unica strada è quella di allontanarsi dall’identificazione idealizzata dell’infanzia perduta rappresentata dalla casa dei genitori, fare un “lutto” con questa parte di sè ed entrare nella fase dell’adultità. Solo con una separazione psichica adeguata, la paziente potrà prendere in mano la propria vita. Il sogno, in questo caso, inquadra una situazione psicodinamica attuale, elabora un’immagine sulla quale fare un importante lavoro di approfondimento delle dinamiche familiari e dei sensi di colpa annessi.
Nei self-state dreams, l’esame del contenuto manifesto e delle associazioni permette di riconoscere che i settori sani della psiche reagiscono con angoscia ad un mutamento disturbante/ squilibrio nella condizione del Sé – sovrastimolazione maniacale o caduta depressiva dell’autostima – o alla minaccia di dissoluzione del Sé e di frammentazione (che è il senso per il quale viene generalmente inteso).
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La funzione evolutiva del sogno
La funzione evolutiva del sogno ha lo scopo di ristrutturare, riorganizzare i pensieri diurni e permettere alle persone di adattarsi sempre meglio all’ambiente e consentire una socializzazione migliore. Molto diversa dalla concezione freudiana che pensava ad un conflitto innato, una sorta di ostilità con la realtà esterna ed un Io che aveva bisogno di scaricare le energie pulsionali. L’attività mentale nel sogno elabora le informazioni e contribuisce allo sviluppo dell’organizzazione psicologica, consolidando nuove configurazioni psichiche. A questo proposito, citiamo il seguente sogno: “Ho sognato che mi recavo nella casa del paese dove avevo vissuto con il mio ex fidanzato. Ad un certo punto la casa prende fuoco dalla cucina, sono angosciata” (donna di 31 anni). In questo sogno che potremmo definire premonitore (ma non nel senso di influsso magico), la paziente intuisce (anche se in potenza) che il suo recarsi (nella realtà) in quella situazione le attiva un forte malessere, intaccandola in tutte le sue certezze. In questo senso, la comprensione di ciò che si sta vivendo o si pensa si vivrà nel ripetere certe esperienze, protegge la paziente. Si acquisiscono nuove prospettive e si elaborano immagini di nuovi comportamenti, contribuendo così allo sviluppo personale. Quindi il sogno, in questo caso, ha un ruolo importante nello sviluppo dell’organizzazione psicologica e nel cambiamento. In questo senso, un interessante aspetto di modifica del modo di pensare si ha quando, per la prima volta, nel sogno, compare una nuova configurazione psicologica o un cambiamento che non risale all’attività vigile.
In linea con quanto sopra descritto, Delaney (1998) afferma che la lingua del sogno non è né esoterica, né superstiziosa, ma è una lingua che si esprime in metafora visuale e emotiva. Capendo la corrispondenza fra immagini sognate e realtà vissuta notiamo le caratteristiche problematiche che potrebbero essere fonte di sofferenza per il soggetto. Ogni notte si sogna con una grande abilità di percezione e questo aggiunge alla cognizione i dati non chiari su quanto accade nella vita. Al risveglio, i sogni interpretati possono indicare la strada giusta e avvertire dei pericoli, tracciare dei comportamenti da adottare (o non adottare), assumere decisioni che possono arricchire o meno la propria vita. Attraverso la lettura e l’interpretazione condivisa si potranno scoprire ricchezze e possibilità creative che portano con sé soddisfazioni inaspettate. Apprendendo il linguaggio dei sogni il sognatore può giovarsi di tutto questo.
Di seguito, un altro sogno. “Lavoravo al piano superiore rispetto al piano dove lavora mio padre, mi sentivo bene e non più insicuro” (uomo di 38 anni). In questa produzione onirica, il paziente sogna di non farsi più schiacciare dal padre con un’immagine significativa, ossia “lavorare al piano di sopra e sentirsi bene”. Tale rappresentazione esprime la capacità del paziente di non sentirsi più figlio ma adulto. Ciò significa che la persona è riuscita a generare una soluzione nuova, prima nel sogno stesso, come ad “anticipare” un possibile cambiamento anche nella vita reale.
Un’altra funzione del sogno può manifestarsi nell’attività di mantenimento, regolazione e ripristino di svariati processi psichici, compresi i livelli di autostima. In questo senso, il sogno diventa uno strumento di rinforzo del lavoro terapeutico che si esprime in fasi alterne nelle varie sedute. Tale specifica funzione dell’attività onirica, altresì, si sposa con la concezione del cambiamento in psicoterapia secondo la nostra metodologia PPI, in cui la regolazione dell’affetto e dei vari sistemi motivazionali del paziente rappresentano il focus centrale dell’intervento. Ad esempio, se non siamo riusciti ad esprimere durante la giornata un sentimento come la rabbia, ci siamo sentiti sotto minaccia e l’abbiamo repressa, nel sogno possiamo reindirizzare la situazione regolando l’affetto e ripristinando il nostro equilibrio interno, o comunque dare un indirizzo di lavoro per superarne la difficoltà.
Procediamo con la descrizione di questo sogno: “Davo uno schiaffo a mio padre, non forte. Poi litigo con un’altra persona, una babysitter, ci lottavo, ero carina e antipatica allo stesso tempo. Avevo preso troppi soldi e glieli ridavo” (donna di 24 anni).
In questo passaggio, la paziente tenta di reagire, in modo lieve, ai ricatti di un padre depresso e della sua compagna (madre dei suoi fratellini) che provano a condizionarla con i sensi di colpa in rapporto al disturbo del padre. Sviluppando la consapevolezza adulta e cominciando a mettere dei confini, la paziente prova a prendere le distanze, malgrado l’annesso costo psicologico, ossia resistere alla tentazione di essere dipendente e coinvolta restituendo da adulta responsabile il “debito affettivo”. Nel sogno la paziente sfoga la rabbia che reprime giornalmente con i ricatti passivo aggressivi che le vengono fatti, ma non li riconosce totalmente perché la sua insicurezza “ero carina e antipatica allo stesso tempo”, la mette difronte a forti sensi di colpa che la confondono in una visione identitaria unitaria.
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Il lavoro esplorativo in psicoterapia
Yalom (2016) propone un utilizzo dei sogni più pragmatico per agevolare la terapia stessa: “Saccheggiate e depredate il sogno, tirate fuori tutto ciò che sembra avere importanza, e non preoccupatevi del guscio buttato via”. Con questa affermazione “il sogno va saccheggiato”, egli voleva intendere l’importanza di poter prendere dal sogno tutto ciò che può essere utile per il lavoro analitico e sottolineava l’importanza dell’ascolto nella ricerca di significati e della peculiare modalità di pensiero del sognatore, quindi in primo luogo quello di formare una solida alleanza terapeutica al fine di permettersi di dialogare con il paziente sul sogno e far capire, con il tempo, l’interessamento a questo strumento di lavoro.
L’esplorazione del sogno diventa fondamentale affinché terapeuta e paziente si possano muovere su un terreno comune, aprendo ad una lettura e ad una conoscenza del sogno non «calata dall’alto» ma frutto del lavoro di entrambi. Il terapeuta potrebbe definire ciò che emerge dal racconto senza sentenziare un’interpretazione.
A questo proposito, oltre ad invitare il paziente a tenere il taccuino sul comodino in modo da trascrivere il sogno al mattino, il terapeuta dovrebbe imparare ad ascoltare in maniera empatica e rispettosa la narrazione, qualsiasi essa sia, anche un breve frammento. Yalom (2016) scrive “Se il paziente sostiene di non sognare o di non ricordare ciò che sogna, gli do le istruzioni standard: «Tenga un taccuino accanto al letto. Butti giù qualsiasi parte del sogno ricordi al mattino o durante la notte. Al mattino, ripassi il sogno nella sua mente, ancor prima di aprire gli occhi. Ignori la voce interiore traditrice che le dice di non preoccuparsi di scriverlo, perché è così vivido che non lo dimenticherà». Con brevi e costanti incitazioni alla fine (qualche volta mesi più tardi) anche i pazienti più recalcitranti inizieranno a ricordare i sogni”. Quando si ascolta il sogno, anche se incompleto, si potrebbe chiedere al paziente di provare a fare dei collegamenti, di cercare di ampliare la sua esperienza emotiva del sogno stesso rivivendolo nel qui e d’ora della seduta, di interrogarsi rispetto al significato simbolico attribuibile a quella scena.
Nelle rappresentazioni che emergono è importante il contenuto metaforico e il tema centrale del sogno ossia cosa vuole comunicare il paziente con il suo pensiero. Il lavoro del terapeuta sarà quello di provare a fare dei collegamenti con la vita reale del paziente e ricondurli il più possibile ad una visione congiunta. Ma non è la stessa cosa che facciamo nel lavoro terapeutico su tutti gli altri elementi che emergono nella stanza d’analisi? Il saper cogliere e ricostruire man mano, dando un senso a tutto il materiale che si raccoglie e che viene portato continuamente.
Come indicato da De Camillis (2004), per cui “un sogno non interpretato è come una lettura non letta”, è rilevante la connessione del contenuto del sogno con le esperienze e la realtà del sognatore e le varie correlazioni tra il linguaggio del sogno e quello delle manifestazioni traslate. Questo lavoro chiamato dreamwork consta nell’aiutare il soggetto a ricordare, annotare e trovare il senso ed il pregio dei sogni; i sogni diventano, così, uno strumento terapeutico basilare, che permette al soggetto, attraverso una precisa attenzione, di svolgere poi un lavoro di interpretazione in terapia.
La narrativa del sogno acquista un senso accettabile ed interiorizzabile per il paziente nel momento in cui le due menti terapeuta e paziente si incontrano e creano significati condivisi, in un continuo lavoro analitico di rimandi e aggiustamenti nei contenuti e modi condizionali nello stile comunicativo. Il percorso del sogno, sebbene frammentato ed accidentato, viene ripreso, recuperato e sviluppato a più riprese lungo il corso delle sedute che via via si vanno dipanando.
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La rappresentazione nel sogno
Grazie al lavoro onirico, il soggetto realizza un riassunto espressivo e caratteristico che ci porta in contatto col suo pensiero (pensiero onirico) e ci consente un’immaginazione guidata tutte le notti, il cui focus temporale può essere diverso, a seconda dei bisogni del momento (Craparo, 2018).
Secondo Lago (2016), la caratteristica del pensiero onirico è di esprimersi in:
– forma narrativa, attraverso immagini composte a partire da ricordi autobiografici;
– forma estetica, attraverso connotati configurativi, quali forme, dimensioni, colori, presentati in maniera allusiva e rappresentativa;
– forma affettiva, attraverso tonalità emotive e vissuti più o meno in sintonia con la rappresentazione”.
L’importante rapporto tra mentalità e sogno valorizza ancor di più il livello mentale di secondo ordine che chiamiamo Pensiero Inconscio, offrendo un punto di riferimento per il lavoro mentalizzante nella PPI.
Il lavoro interpretativo dei sogni costituisce una metodologia importante della seconda fase terapeutica della PPI detta anche “fase di mentalizzazione” (Caporale, Battisti, 2023). Tale momento terapeutico comporta l’osservazione del percorso storico, riguardante il senso comunicativo implicito di condivisione e costruzione del sogno. Seguendo questa impostazione, distinguiamo, nella nostra metodologia PPI di lettura del sogno, tre piani testuali: Percorso storico (PS), Espressione Armonica (EA) e Nota Sentimentale (NS).
Quando il Percorso Storico è evidente, esso risalta in modo chiaro e permette di collegare la tipicità del sogno con i significati presenti nella realtà mentale del soggetto (Pensiero Inconscio). Per Percorso Storico intendiamo, come in un romanzo scritto, l’esposizione della descrizione del sogno, il resoconto degli accadimenti e il modo di descriverlo e narrarlo (se c’è un inizio, una conclusione, se ci sono passaggi comprensibili o meno, se sono scarni, eccetera). Non è tanto importante che i passaggi siano razionali ma che abbiano un senso compiuto nella scena che andiamo ad analizzare. Un PS insufficiente evidenzia sempre un turbamento e un disagio più o meno grave del proprio stato mentale. Un esempio esplicativo sono i sogni troppo brevi, interrotti, dispersivi o che non hanno un filo guida. Ciò può rappresentare un blocco o una confusione momentanea del soggetto su vari ambiti della sua vita per i quali, magari, sta chiedendo una psicoterapia, anche senza esserne consapevole.
L’immagine onirica può essere rappresentata in molti modi che denotano la capacità di mettere nello spazio gli elementi della rappresentazione della vita reale che il soggetto ha vissuto ed ha sviluppato mentalmente. Possiamo supporre che due soggetti distinti, per esplicare lo stesso problema, utilizzino immagini diverse. Questo è ciò che chiamiamo l’Espressione Armonica ossia la capacità di dare un senso alla scena del sogno con un grado di integrazione mente-corpo del soggetto e delle vicende che portano a metterlo in crisi. Quando nel sogno vengono inseriti personaggi, sfondi, situazioni, dinamiche che evidenziano quello che “il sognatore vuole dire con quel sogno”, ipotizziamo che c’è un’armonia con quello che il soggetto sta vivendo nella realtà e quello che ci riporta con il racconto del sogno. La persona, infatti, attraverso le immagini mentali, sia di veglia che oniriche, potenzia l’attività di pensiero con la continua sintesi di elementi emotivi in immagini mentali. Inserire nel sogno elementi suggestivi di cui si coglie il senso in modo armonico, è un segnale di capacità riflessive profonde del sognatore.
La nota affettiva discende dalle emozioni. Quando il soggetto ne ha consapevolezza viene chiamato sentimento. Nella scena onirica sono presenti come componente del percorso storico e dell’espressione armonica che chiamiamo Nota sentimentale NS. Se nel sogno il sognatore esprime un sentimento di paura, gioia, disgusto, eccetera, in linea con il racconto del sogno, pensiamo che ci sia una congiunzione. Quando, invece, non ci sono emozioni, o emozioni completamente dissonanti dal racconto del sogno, il soggetto sta vivendo forme dissociative importanti che andranno reintegrate. Più la NS è integrata nello spazio e coerente con esso, più la riteniamo segno dell’avvenuta mentalizzazione. Meno sono integrati (con angoscia, incubi, risvegli notturni improvvisi, atmosfere agghiaccianti, mostruose, spaventevoli, di soffocamento, di oppressione, di dolore, di violenza, etc.), più esprimono una crisi del sé con insufficienza o blocco delle capacità riflessive e di mentalizzazione.
Vediamo, allora, quest’altro sogno: “Ero nella camera da letto della mia casa vecchia, mi affaccio per le scale e vedo un drago nero gigante che mi viene addosso, sono terrorizzato e mi sveglio” (giovane uomo di 15 anni)
In questo sogno sono presenti angosce profondissime del paziente, per rappresentarle sono stati utilizzati simboli aspecifici. Spesso per rappresentare le angosce si utilizzano simboli “classici” quali il mostro, il drago, il fantasma, la strega, eccetera, che descrivono meglio il grado di paura, cioè si usano archetipi dell’inconscio collettivo (Jung, 1959) che incarnano bene l’essere in balia di profonde sofferenze ma che non traducono al meglio in immagini e parole l’oggetto sul quale lavorare ed una contestualizzazione accurata che porti ad una visione dei temi del problema. In questi casi, bisogna fare un lavoro continuativo, importante di psicoterapia per accedere ai contenuti emotivi remoti (il Protomentale, Bion 1961) del giovane paziente ed aiutarlo a definire al meglio il disagio psicologico attraverso il racconto di sogni più esplicativi.
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Conclusioni
Secondo la nostra metodologia Psicoterapia Psicodinamica Integrata, nel sogno avviene una sintesi tra aspetti emotivi ed aspetti cognitivi che trovano modo di organizzarsi secondo una tendenza storico/narrativa.
Il metodo PPI utilizza nel lavoro clinico i sogni in modo diverso rispetto alla concezione classica, frutto di una concezione aggiornata derivata dalle ultime revisioni psicodinamiche e neuroscientifiche
L’esplorazione del sogno diventa fondamentale affinché terapeuta e paziente si possano muovere su un terreno comune, aprendo ad una lettura e ad una conoscenza del sogno frutto del lavoro psicoterapeutico. Il terapeuta potrebbe definire ciò che emerge dal racconto senza restituire, sempre, un’interpretazione.
La funzione evolutiva del sogno ha lo scopo di ristrutturare, riorganizzare i pensieri diurni per adattarsi sempre meglio all’ambiente e permettere un miglioramento dello stile di vita del sognatore, a patto che siano portati in terapia per approfondire le dinamiche interne ad esso. Con il lavoro psicoterapeutico, il sogno da un materiale “grezzo”, attraverso una precisa elaborazione in profondità, svela le “preziosità” insite nel sognatore che emergono nel tempo, attraverso la continuità dell’impegno terapeutico e con un preciso lavoro di “squadra” tra terapeuta e paziente.
Nelle raffigurazioni che emergono è importante il contenuto metaforico e il tema centrale del sogno ossia cosa vuole comunicare il paziente con il suo pensiero. Il lavoro del terapeuta sarà quello di provare a fare dei collegamenti con la vita reale del paziente
Lo storico del sogno acquista un senso accettabile ed interiorizzabile per il paziente nel momento in cui le due menti terapeuta e paziente si incontrano e creano significati condividi, in un continuo lavoro analitico di rimandi e aggiustamenti nei contenuti e modi condizionali nello stile comunicativo. Il percorso del sogno, sebbene frammentato ed accidentato, viene ripreso, recuperato e sviluppato a più riprese lungo il corso delle sedute che via via si vanno dipanando.
Attraverso tre piani testuali quali: Percorso storico, Espressione Armonica e Nota Sentimentale osserviamo il sogno e ne condividiamo il significato, al fine di reintegrare le parti dissociate emerse dal sogno e dando senso all’intero percorso mentale che si correla al percorso psicoterapeutico del paziente.
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