Parthenope: Seduzione come gioco tra illusione e realtà

Cinema / Mente e Cura

A cura di Riccardo Caporale, Psicoterapeuta Direttore IRPPI

Sorrentino è arrivato alla sua maturità. Una ricostruzione antropologica della Napoli, dagli anni ‘50 del secolo scorso fino ai giorni nostri, che mette a fuoco il tempo sospeso sotto l’egida dell’idolatria di falsi miti che danno comunque l’illusione di sicurezza alle nuove generazioni.

I soldi del ricco comandante Santagata, il potere del vescovo Tesorone e dei boss della camorra, le “grandi bellezze” del mare, dell’arte e delle donne sono gli ingredienti di un microcosmo che rimane sempre uguale a sé stesso e che deve essere continuamente messo in scena, ritualizzato ed esasperato attraverso l’istrionismo tipico dei suoi abitanti.

In particolare, da un punto di vista psicologico, Sorrentino approfondisce il tema della seduzione incarnata nella giovane e bella protagonista Parthenope, una caratteristica del “femminile” che consiste nella capacità di entrare nell’immaginario dell’Altro per suscitare interesse e desiderio verso la propria persona. La questione è l’obiettivo della seduzione: sedurre per dare all’Altro una possibilità in più di farci conoscere per quello che siamo e creare un legame reale diventando speciali per qualcuno o sedurre per manipolare l’Altro ed essere speciali per tutti? Sorrentino mette in scena la seconda. Con lo scorrere del tempo, la giovane protagonista diviene consapevole del potere della propria seduzione e si illude che essa possa permetterle di costruire un’identità vampirizzando molti uomini che incontra lungo il suo cammino. Malgrado il godimento narcisistico della conquista e del controllo, Parthenope piano piano si accorge del pericolo di fare la stessa fine degli altri suoi coetanei sospesi nella paura di crescere e nella ricerca spasmodica di tante identità in prestito. L’ancora di salvezza per Parthenope è rappresentata dagli suoi studi umanistici intrapresi lontano da casa e soprattutto dal professore universitario di antropologia, unico uomo che non si lascia affascinare dalla studentessa modello. Il duro modo di fare del prof. Devoto Marotta nasconde una storia di vita vera, un fratello suicida, una separazione dalla moglie ed un figlio malato, quest’ultimo un segreto portato con grande dignità ed amore. Parthenope impara dal suo ormai secondo padre che per essere qualcosa bisogna passare attraverso il dolore delle perdite e delle separazioni per costruire percorsi di autonomia reali anche nel rischio del fallimento.

Dunque, con questo film Sorrentino non solo ripropone nuovamente il tema dell’illusione e del vuoto che vi è dietro al giorno d’oggi ma lega tutto ciò alla debolezza dell’uomo contemporaneo di non saper crescere e di voler rimanere ancorato al ventre materno con le sue illusorie sicurezze. Paura del dolore, del fallimento e delle proprie fragilità relegano le persone a non saper “vedere” la realtà per quella che è e da lì a non riuscire più a distinguerla dall’illusione. Altresì, l’antropologia per il professore Marotta è la capacità di vedere la realtà per quella che è. Dalla realtà e dalla sua accettazione, si possono costruire autonomie e percorsi individuali che abbiano un valore identitario forte e duraturo.

Interessante e poco sviluppato il personaggio di Sandrino, il ragazzo innamorato da sempre di Parthenope che, attraverso la sua crescita psicologica, rifiuta alla fine la bella protagonista. Da ciò, possiamo avere anche una giusta messa a fuoco del destino a cui molto spesso è condannata la seduzione narcisistica ossia la solitudine e l’oblio.

La seduzione è un gioco di attrazione e di interessamento di cui è determinante capirne le finalità. Può essere espressione di curiosità e del volersi aprire alla conoscenza del nuovo, altresì, rispecchiamento e idolatria narcisistica del proprio Sé. La prima permette la scoperta di nuove realtà interpersonali potenzialmente arricchenti, la seconda apre le porte all’illusione ossia ad un gioco privo di regole e che non può finire mai.

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