Le nevrosi e la condizione di sdoppiamento tra sistemi attaccamento e sessualità. Resistenza al cambiamento, psicopatologia del desiderio e deficit di originalità
Neuroses and the condition of splitting between the attachment and sexuality systems. Resistance to change, psychopathology of desire and deficit of originality
Caporale R.¹, Andreola M. ², Battisti V.³
¹-³ IRPPI – Istituto Romano di Psicoterapia Psicodinamica Integrata
Riassunto
Questo lavoro nasce dalla necessità, in quanto gruppo clinico e scuola ad orientamento psicodinamico integrato (PPI), di ripensare al concetto di nevrosi come psicopatologia della personalità, rivisitandone i meccanismi psicodinamici in rapporto alla sua insorgenza e sviluppo, i criteri diagnostici strutturali e le principali linee d’intervento, alla luce dei cambiamenti economici, sociali e culturali della società di oggi. A livello di diagnosi strutturale, la non integrazione tra sistema attaccamento e sistema sessualità porta i pazienti nevrotici al fenomeno dello sdoppiamento la cui caratteristica di funzionamento principale è una modalità di pensiero preriflessiva cosiddetta “del far finta” ove i processi di idealizzazione sono preponderanti. Il quadro isterico rappresenta la configurazione prototipica dello sdoppiamento nevrotico in cui prevale la resistenza al cambiamento, una psicopatologia del desiderio ed un deficit di originalità.
Parole chiave: psicoterapia psicodinamica integrata; sdoppiamento nevrotico; sistema attaccamento; sistema sessualità; isteria.
Abstract
This work arises from the need, as a clinical group and school with an integrated psychodynamic orientation (PPI), to rethink the concept of neurosis as a psychopathology of the personality, revisiting the psychodynamic mechanisms in relation to its onset and development, the structural diagnostic criteria and the main lines of intervention, in light of the economic, social and cultural changes in today’s society. At the level of structural diagnosis, the non-integration between the attachment system and the sexuality system leads neurotic patients to the phenomenon of splitting whose main operating characteristic is a pre-reflective mode of thought called “pretending” where idealization processes are predominant. The hysterical personality organization represents the prototypical configuration of neurotic splitting in which resistance to change, a psychopathology of desire and a deficit of originality prevail.
Keywords: integrated psychodynamic psychotherapy; neurotic splitting; attachment system; sexuality system; hysteria
Introduzione
La nostra concezione psicodinamica della mente e della psicopatologia ha da sempre individuato nel criterio diagnostico dello sdoppiamento isterico una condizione caratteristica dei disturbi di personalità ad alto funzionamento, o in altri termini di livello nevrotico (Lago, 2006; 2016). Questa condizione diagnostica per noi è alla base di tutte le costellazioni sintomatologiche tradizionalmente incluse nello spettro nevrotico. In un’ottica nosografica, quest’area comprende quadri clinici come i disturbi d’ansia, le fobie, le depressioni reattive, le nevrosi ossessive, le depersonalizzazioni e/o derealizzazioni, alcune forme di problematiche alimentari di tipo restrittivo, distinti per un’espressione sintomatologica lieve, seppur altamente egodistonici, ed un’eziopatogenesi legata a fattori non traumatici gravi dello sviluppo (Mucci, 2022).
La condizione di sdoppiamento alla base della psicopatologia nevrotica
Il costrutto di sdoppiamento isterico teorizzato dalla nostra scuola PPI si è fin dall’inizio discostato dal concetto di “isteria” come definito dalla psicoanalisi di matrice freudiana (Freud, 1923; Bergeret, 1984; Eagle, 2012). Altresì, l’aggettivo isterico, paradigma della struttura sdoppiata, è sempre stato da noi ricondotto al modello dissociativo della personalità di Janet (e.g. Janet, 1889; Van der Hart e Horst, 1989), rivisitato da autori moderni quali Kohut (1984), Bromberg (2001), e Lichtenberg (1995; 2012). La teorizzazione della natura dissociativa dell’isteria ha aperto le porte ad una concezione della personalità e del Sé come strutture non monolitiche e coese, ma costituite da parti ed istanze in continuo cambiamento. Per meglio comprendere il concetto di sdoppiamento e la coesistenza di stati antagonisti della personalità facciamo riferimento ad una concezione del Sé non unitaria ma costruita intersoggettivamente nel corso dello sviluppo (e.g. Bromberg, 2001).
In particolare, secondo un criterio diagnostico strutturale, lo sdoppiamento è una modalità di funzionamento mentale che definisce la non integrazione tra due ambiti della personalità, nel caso specifico tra il sistema motivazionale attaccamento ed il sistema motivazionale sessualità.
Lo stato sdoppiato coesiste, radicato nella coscienza del paziente, come conflitto intrapsichico e determina una percezione di sé insicura. Il soggetto sdoppiato, bloccato nella sua dimensione psichica ed in quella corporea, manifesta sintomi diversi, sia fisici sia mentali, che si esprimono nelle molteplici forme dei disturbi nevrotici: ansia, panico, crolli dell’autostima, sentimenti di colpa e vergogna, astenia, disturbi del sonno fino a disturbi medici di incerta classificazione, somatizzazioni che possono compromettere la sfera ormonale ed immunitaria.
Tuttavia, in questo aggiornamento dell’impianto teorico clinico delle nevrosi, sosteniamo come l’utilizzo del termine isteria associato tout court a quello di sdoppiamento possa risultare riduttivo dato che i quadri isterici non rappresentano le uniche manifestazioni psicopatologiche della condizione di sdoppiamento. Per tale ragione, pur mantenendo il termine sdoppiamento che ben descrive il deficit strutturale della personalità, preferiamo sostituire l’aggettivo isterico con quello più ampio di nevrotico. Inoltre, con il termine isterico si considerava in passato un disturbo mentale solo femminile, una tesi oggi non più sostenibile. Da ora in poi, chiameremo, dunque, il meccanismo psicodinamico alla base delle nevrosi sdoppiamento nevrotico e lo sdoppiamento isterico la sua sottocategoria più prototipica.
L’area psicopatologica dello sdoppiamento si situa al confine tra la personalità con sanità di base in equilibrio dinamico ed i quadri psicopatologici di alto funzionamento borderline quali le polarizzazioni depressivo narcisistiche (Caporale e Battisti 2023b). Di seguito, procederemo ad un’analisi strutturale della personalità nevrotica che prenda in considerazione la specificità dell’assetto motivazionale alla base sia del funzionamento psichico che delle differenti organizzazioni caratterologiche.
Lo sdoppiamento nevrotico come non integrazione tra sistemi attaccamento e sessualità
Abbandonato il modello pulsionale freudiano e post-freudiano ed il monismo della motivazione umana, la PPI sostiene la strutturazione della personalità secondo il paradigma intersoggettivo, in accordo con la teoria dei sistemi motivazionali a cui rimandiamo per completezza (Caporale e Battisti, 2024; Litchenberg, 1995; Litchenberg et al. 2012).
I sistemi motivazionali secondo il nostro modello PPI sono cinque, biologicamente innati e plasmati intersoggettivamente. In particolare, i macrosistemi attaccamento, esplorativo-assertivo e sessualità hanno un alto valore psicodinamico strutturante nello sviluppo sano e/o patologico della personalità. Tali paradigmi motivazionali schematizzano ed integrano processi più complessi, dunque i termini vanno intesi in un’accezione più ampia dal punto di vista concettuale (Caporale e Battisti, 2024).
Ad esempio, il sistema attaccamento, presente già alla nascita, supporta le funzioni del Sé per realizzare la sicurezza di base e la relazione madre-bambino in termini di regolazione emotivo-affettiva. Il sistema esplorativo-assertivo, attivo dai due tre anni di età, supporta le funzioni di autonomizzazione e di separazione della persona dal suo ambiente di appartenenza. Anche il sistema sessualità va inteso in maniera più ampia e definisce non soltanto la sessualità fisica, la relazione erotica o finalizzata alla riproduzione, ma anche gli aspetti creativi e di gioco, la possibilità di progettare e sperimentarsi in maniera originale (individualità) in contesti diversi da quelli familiari, ed acquisire nuove competenze e conoscenze di sé.
Questi sistemi, che si attivano in modi e tempi diversi durante tutta la vita, mediano esigenze in parte alternative ed antagoniste, il dover “essere insieme con” e “distinti da” un altro, e necessitano una continua integrazione al fine di poter mantenere organizzazione e coesione del Sé.
Nello sviluppo normale, la dialettica tra istanze psichiche differenti della personalità dovrebbe generare una sintesi, favorendo la crescita della persona in un contesto emotivamente stabile e sicuro, e, al tempo stesso, la possibilità di aprirsi al cambiamento, al non conosciuto ed al desiderare. Il desiderio nasce dal momento in cui i bisogni primari di sicurezza e fiducia vengono soddisfatti permettendo alla persona, libera dall’urgenza emotiva e psicobiologica, di fantasticare qualcos’altro per sé nella capacità di saper attendere e alimentare una tensione positiva di ricerca.
Lo sdoppiamento nevrotico consiste in una non integrazione dei sistemi Attaccamento e Sessualità, che tuttavia mantengono entrambi una sostanziale organizzazione. L’individuo con tale sdoppiamento, per una mancata comunicazione tra i due sistemi, presenterebbe una maggiore facilità ad entrare in crisi nel corso dei cambiamenti evolutivi.
Lo sdoppiamento tra attaccamento e sessualità favorisce l’emergere di due scenari affettivo-relazionali problematici nella vita di questi pazienti che rappresentano gli effetti di tali deficit strutturali. Nel primo scenario prevale l’instabilità nell’ambito delle relazioni di attaccamento a causa del non completo sviluppo dell’individuo che rimane immaturo e dipendente dal suo contesto ambientale, al fine di regolare la propria autostima ed il senso di sicurezza personale. Il secondo scenario in cui, pur avendo maturato una sufficiente autonomia, il soggetto non è in grado di muoversi in maniera originale nelle sue relazioni affettive. In quest’ultimo caso, le problematiche si manifestano in maniera prevalente nell’ambito della sessualità, intesa in senso più ampio come desiderio di cambiamento, progettualità e senso di autoefficacia.
Entriamo nello specifico delle particolari caratteristiche di entrambi i sistemi motivazionali e del loro sviluppo atipico, e della persistenza anche in età adulta in questi pazienti di una particolare modalità di pensiero preriflessiva chiamata del “far finta” che favorisce l’insorgenza ed il mantenimento della condizione di sdoppiamento.
Il sistema attaccamento organizzato ma insicuro
La personalità con sdoppiamento nevrotico è riuscita ad organizzare un sistema di attaccamento che risulterebbe però di tipo insicuro ambivalente. Tale stile di attaccamento nasce da una storia di vita familiare in cui non è stata sempre garantita una continuità e/o un’accuratezza nel soddisfacimento dei bisogni affettivi primari. In particolare, a differenza di quanto teorizzato dalla psicoanalisi classica, osserviamo anche in questi pazienti una natura traumatica dello sviluppo nei termini di una scarsa adeguatezza negli scambi intersoggettivi primari e secondari delle relazioni d’attaccamento.
Nelle anamnesi personali non ritroviamo abusi e/o violenze perpetrate negli anni e nel segreto familiare, nemmeno neglect e trascuratezza grave tale da poter giustificare desertificazioni emotive e destrutturazioni della personalità, ma altresì la presenza di traumi relazionali precoci cumulativi nei processi di sintonizzazione e di rottura/riparazione con le figure di caregiving inerenti i bisogni emotivo-affettivi di sicurezza e fiducia.
Solitamente, una delle due figure di accudimento, a causa di problematiche di varia natura (gravi malattie, disturbi depressivi, patologie psichiatriche, ospedalizzazioni) o eventi di vita (separazioni, problematiche lavorative e/o economiche, lutti e perdite), è responsabile di un’indisponibilità emotiva, per periodi di vita più o meno lunghi, nell’accurata e/o costante attività di mirroring e marking, ingenerando nel bambino vissuti di vuoto affettivo legati all’assenza. Di conseguenza, questi pazienti nel tempo sviluppano paura dell’abbandono ed instabilità nella continuità del legame che condiziona la percezione del Sé nei termini di valore al ribasso e la percezione delle future relazioni affettive e sentimentali nella direzione della sfiducia e del pessimismo.
Queste interruzioni della continuità e/o dell’accuratezza dei processi intersoggettivi si traducono nei racconti in terapia di questi pazienti in ricordi di aver giocato molto spesso per conto proprio ed in cui la figura materna o paterna era inaccessibile o assente, di venir lasciati soli nel badare a sé stessi o con figure sostitutive quali nonni, zii, tate nella percezione dell’abbandono e della perdita, il tutto condito da un’atmosfera depressiva di solitudine e desolazione da cui non ci si poteva sottrarre. Tali schemi relazionali precoci, improntati alla preoccupazione costante di perdere i propri rifornimenti affettivi primari, a causa della scarsa presenza fisica e/o psicologica delle figure genitoriali, hanno limitato la loro capacità di esprimersi in forme originali, rendendo questi individui insicuri e dipendenti dal contesto familiare.
In età adulta, nel caso di eventi crisi che emergono nel corso di cambiamenti all’interno del loro scenario relazionale sicuro (partner, famiglia, amicizie o lavoro), i pazienti nevrotici tornano a manifestare sintomi di varia natura ed intensità quali ansia, attacchi di panico, insonnia, depressione, fino nei casi più gravi sintomi dissociativi e depersonalizzazione. Va specificato che queste costellazioni sintomatologiche si estrinsecano con modalità qualitativamente simili ma quantitativamente diverse rispetto a disturbi più gravi quali polarizzazioni depressivo-narcisistiche e/o borderline, frammentazioni psicotiche, e vengono percepite come altamente egodistoniche dalla persona che, incapace a fronteggiarli, è costretta a chiedere aiuto.
Di norma questi pazienti ricercano nel terapeuta una figura empatica e supportiva, sviluppano rapidamente una solida alleanza terapeutica e sono in grado di ristabilire rapidamente l’equilibrio precedente, contenendo la crisi.
La persistenza della modalità del far finta come funzionamento di difesa
L’organizzazione di un sistema d’attaccamento insicuro favorisce in questi pazienti il blocco ad una modalità di pensiero preriflessiva ossia a quella del “far finta” (Fonagy e Target, 2001). Tale funzionamento mentale, che si sviluppa dai 18-24 mesi con la nascita delle prime capacità rappresentazionali ed il gioco simbolico, rimarrebbe la qualità di pensiero dominante, anche in età adulta, affermando il predominio del “come se” su una realtà affettiva a sfondo depressivo ed abbandonica. La persistenza di una modalità del “far finta” verrebbe a configurarsi come una difesa mentale ed interpersonale compensatoria ed una via di fuga al dolore psichico derivato da un sistema d’attaccamento insicuro, attraverso il ricorso alla fantasticheria di nuove relazioni e situazioni d’affetto idealizzate.
In un percorso di sviluppo sano, la modalità del “far finta” permetterebbe al bambino di sganciarsi a poco a poco dagli schemi impliciti emotivo-comportamentali delle prime relazioni e costruire così nuove soluzioni rappresentazionali e riparative attraverso la sperimentazione del gioco ed il ricorso alla fantasia. Quest’ultima potremmo chiamarla la capacità del bambino, futuro adulto, di giocare mentalmente con le immagini, generando relazioni nuove tra rappresentazioni mentali, queste ultime ancora dirette espressioni delle esperienze relazionali reali. Mentre si sviluppa il binario della fantasia corre parallela la capacità di mantenere un adeguato esame di realtà. Successivamente, dai 4-5 anni in su, il bambino arriverà ad un’integrazione tra fantasia e realtà attraverso lo sviluppo di una piena capacità di mentalizzazione.
I pazienti nevrotici rimarrebbero altresì ancorati per tutta la vita al funzionamento mentale del “far finta” sganciato dalla realtà, ossia ad un doppio binario tra fantasia e realtà a favore della prima, che porta a percepire da una parte la fantasia come un qualcosa di molto vivido e reale e dall’altra a non accettare la realtà come unica possibilità di vita. Tutto questo alimenta nella persona sempre più una forte instabilità emotiva, precarietà esistenziale, male di vivere, insoddisfazione di fondo e senso d’impotenza, nella tensione dialettica tra quello che si è e quello che si potrebbe essere.
Il predominio dell’idealizzazione sorretta dalla fantasia rappresenterebbe dunque il controbilanciamento di un fondo depressivo che si strutturerebbe o dall’angoscia inconscia di “diventare grandi” e rischiare di perdere la propria base sicura, o dalla noia ed insoddisfazione a seguito di una vita adulta già costruita su troppe sicurezze affettive ed investimenti sentimentali ancora di tipo infantile/ genitoriale.
Tutto ciò porta un grande paradosso nella vita adulta di questi pazienti. Individui da una parte caratterizzati da una spiccata creatività confinata in aree circoscritte a hobby ed interessi personali e che non viene messa a servizio del cambiamento, dall’altra portatori di un deficit di originalità vissuto con agitata rassegnazione e di una psicopatologia del desiderio rappresentata da scarsa motivazione alla progettualità e al rischio d’impresa.
La creatività dunque va distinta dall’originalità. La creatività emerge dalla fantasia, ossia dalle capacità simbolico-rappresentazioni dell’individuo di “giocare con la realtà” ma, come nasce nella mente del bambino, può rimanere confinata in aree ludiche autoreferenziali dell’adulto e non impattare sulla realtà producendo cambiamento. Altresì, quando la creatività viene messa al servizio della “messa a terra” generando progetti nuovi e processi trasformativi nella vita di tutti i giorni, diviene originalità e individuazione della persona. Per usare una metafora, la creatività è il quadro che genera il pittore e diviene opera nel momento in cui il quadro porta la firma dell’autore e viene riconosciuta dalle altre persone come creazione unica e distinguibile di quell’artista.
I pazienti nevrotici sono persone creative ma che non riescono a diventare individui originali e mettere una firma sulla loro esistenza, preferendo essere spettatori della propria vita attraverso continui giochi di finzione o sistemi di delega interpersonali.
La non integrazione del sistema sessualità e la modalità sdoppiata di relazione
La sessualità come sistema motivazionale vede gli albori con la nascita della corrente edipica nel bambino ai 5-6 anni di età e si attiva biologicamente dalla pubertà in avanti. Nei funzionamenti a rischio di strutturazione nevrotica, tale sistema riesce a trovare una propria organizzazione, malgrado si caratterizzi fin da subito per una sensibile difficoltà d’integrazione con il pregresso sistema attaccamento insicuro.
Con l’adolescenza, infatti, si riapre nuovamente il tema della separazione psicologica dalle figure di riferimento per lasciare spazio ai nuovi investimenti adulti più di natura sentimentale e questo rappresenta un compito evolutivo potenzialmente oneroso nella direzione della paura della perdita e del cambiamento. Inoltre, il corpo che cambia impone una rivisitazione psicologica della propria immagine di Sé a livello corporeo, da un’immagine infantile ad un’immagine sessualizzata in un rapporto con il corpo dell’altro tutto da scoprire e reinventare.
In questa fase evolutiva, la dominanza della modalità di pensiero del “far finta”, oramai strutturata da piccoli, associata all’attivazione del sistema sessualità, favorirebbe la nascita di forme di idealizzazione che si sostanziano in investimenti sentimentali senza fondamento di realtà, fantasticherie e sogni ad occhi aperti sul futuro privi di concretezza, portatori di intense attivazioni emotive e picchi di euforia, e che fanno da controaltare ad una realtà di vita molto spesso monotona, stereotipata, conformista e povera di stimoli emotivi.
Le relazioni incentrate sulla sessualità, dunque, come riportato nel paragrafo precedente, si tingono di caratteristiche idealizzate e viaggiano su un doppio binario rispetto alle relazioni basate sull’attaccamento.
In questa area di funzionamento sentimentale/sessuale, i soggetti manifestano una maggiore sicurezza e capacità di regolare le loro emozioni e sono in grado di intrecciare con una certa disinvoltura relazioni intime. Conformisti in famiglia e coscienziosi sul lavoro, vivono attaccamento e sessualità in maniera antitetica, dislocando bisogni e desideri in sistemi non comunicanti.
Da una parte, si legano a partner conformi al modello familiare e con cui instaurano legami forti ma piuttosto convenzionali appartenenti ad aspetti domestici ma privi di slancio emotivo, d’altra stringono relazioni idealizzate più o meno occasionali, con cui vivono esperienze passionali ed una sessualità disinibita senza mai arrivare ad un investimento affettivo profondo, mantenendo separati gli aspetti ritenuti meno validi della propria personalità.
Il rapporto intimo rimane così sdoppiato tra partner stabile con cui vivono un amore materno/fraterno con desiderio scarso o del tutto assente (coppia bianca) ed un altro più o meno occasionale con cui condividono la sessualità in maniera passionale ma scollata dall’attaccamento.
Per tale motivo, questi soggetti si percepiscono in una condizione di incompletezza, dislocando nella relazione con il partner di attaccamento tutte le condizioni di dipendenza e vulnerabilità e su quello sessuale le idealizzazioni romantiche e/o gli aspetti trasgressivi o narcisistici. Lo sdoppiamento tra queste due dimensioni non comunicanti è causa della loro vulnerabilità.
Inoltre, a queste due modalità di investimento oggettuale corrispondono altrettante due differenti immagini corporee sdoppiate di Sé. L’una di facciata, attivata da un sistema sessualità a trazione idealizzata, potentemente seduttiva, fascinosa, al limite dell’istrionismo, che incarna il prototipo di donna/uomo su cui appoggiare tutte le proprie fantasie sessuali, e l’altra nascosta, ancorata ai più profondi bisogni di attaccamento, tremendamente insicura, bambina e bisognosa di affetto che ispira senso di compassione e protezione. Tale sdoppiamento mostra una non integrazione ad un livello mente-corpo ed espone i pazienti con vulnerabilità nevrotica, soprattutto in questa fase di sviluppo, a sintomi di depersonalizzazione, dissociativi somatoformi e disturbi alimentari di tipo restrittivo.
Da questo si comprende anche il caratteristico atteggiamento ambivalente di questi individui agli interessamenti sentimentali e la confusione che generano in coloro potenzialmente attratti che tentano un approccio sessuale. Lo switch continuo tra immagini di Sé e modo di vedere l’altro, tra amore romantico e sessualità, confonde sia la persona che il potenziale partner nelle reali intenzioni del momento con conseguenti fraintendimenti ed occasioni mancate.
Infine, un’immagine corporea non integrata chiude la possibilità a questi pazienti non solo di concretizzare scelte sentimentali valide ma anche di muoversi nello spazio di vita rendendolo produttivo con azioni rappresentative e realizzative per il proprio Sé.
Le differenti tipologie di organizzazioni nevrotiche sdoppiate
La classificazione tradizionale psicoanalitica freudiana e post-freudiana (Freud S., 1923; Bergeret, 1984; Eagle, 2012) ha da sempre tripartito l’area nevrotica in nevrosi isteriche, ossessive e fobiche. In seguito, con l’introduzione del paradigma dissociativo applicato anche ai funzionamenti nevrotici, sono stati meglio spiegati i possibili disturbi somatoformi che lamentano tali pazienti e problematiche alimentari soprattutto di stampo restrittivo legate all’alterazione dell’immagine corporea.
Il nostro impianto clinico diagnostico PPI, come meglio specificato all’inizio di questo articolo, ha da sempre preso a modello l’isteria come configurazione prototipica in cui è maggiormente evidente il fenomeno dello sdoppiamento tra parti e/o sistemi della personalità. Scopo del presente lavoro è anche quello di aggiornare tale concettualizzazione affermando come l’isteria sia solo una delle molteplici forme assunte dallo sdoppiamento e forse la più evidente; di contro, ve ne sono altre in cui è sempre presente la non integrazione tra sistema attaccamento e sistema sessualità sebbene non così manifesta.
Nella nevrosi ossessiva, il controllo rigido e l’isolamento dell’affetto rappresentano strenue difese per non entrare in contatto ed escludere dal campo di coscienza del paziente l’ansia e tutte le emozioni egodistoniche legate alla condizione di sdoppiamento sottostante. La costante attenzione alla realtà circostante, cercandola di renderla più prevedibile possibile, ha la funzione di preservare un senso di sicurezza personale e protezione del Sé, mostrando proprio come tali pazienti siano fortemente preoccupati nel mantenimento di una base sicura. Sullo sfondo, la sessualità viene relegata a momenti di trasgressività nella fantasia o in rapporti occasionali che evidenziano tutto il potenziale disregolativo di tali funzionamenti.
Nella nevrosi fobica, il controllo rigido cede il passo all’evitamento che rappresenta la strategia difensiva elettiva nel tenere a distanza il malessere emozionale a cui potenzialmente si potrebbe essere esposti a causa sempre della sottostante condizione di sdoppiamento. L’evitamento porta a percepire a livello di coscienza una forte ansia sociale in qualsiasi situazione di coinvolgimento interpersonale dal quale si cerca di rifuggire e da cui non si riesce a distinguere la possibile corrente affettiva da quella sessuale.
Le classiche nevrosi d’ansia libera, che ad oggi potrebbero ricomprendere quadri di ansia generalizzata, attacchi di panico, depersonalizzazione e/o derealizzazione, rappresenterebbero altresì non vere e proprie configurazioni stabili ma condizioni di stato fluide, effetti sintomatici e sindromici di tale condizione di sdoppiamento in uno stadio embrionale di sviluppo o di progressivo peggioramento dettato da scelte d’investimento affettive sbagliate.
Nuovi principi di trattamento in psicoterapia psicodinamica integrata applicati allo sdoppiamento nevrotico
L’obiettivo a cui tendere nel lavoro terapeutico in psicoterapia psicodinamica integrata (PPI) con i soggetti sdoppiati, che sono bloccati da una visione conflittuale ed alternativa aut aut, è l’integrazione ossia il favorire la comunicazione et et tra aspetti della personalità vissuti come antinomici (Caporale e Battisti, 2023a). Integrare parti del Sé è compito dell’intervento che, attraverso la visione binoculare del terapeuta (Bion, 1962), deve tenere insieme gli aspetti attuali e quelli potenziali ancora non realizzati della persona, facilitando una dinamica tra il già esperito e il nuovo.
In un’altra epoca storica, soprattutto quella dei primi del ‘900 del secolo scorso, si riteneva che il paziente nevrotico soffrisse solamente della cosiddetta rimozione, un meccanismo attivo di apparente inconsapevolezza delle proprie difficoltà che limitava di gran lunga il suo funzionamento di vita, restringendo i gradi di libertà e di scelta. Rendere conscio l’inconscio era la missione della psicoanalisi convinta che l’insight bastasse per togliere il velo di Maya e restituire alla persona una propria individualità costituita da potenzialità realizzative.
Nelle nevrosi attuali tale modalità d’intervento risulterebbe insufficiente poiché la scoperta di un sistema d’attaccamento insicuro in questi pazienti sposta inevitabilmente il focus della psicoterapia ad una fase innanzitutto di limited reparenting, ossia incentrata sulle capacità empatiche e di sintonizzazione emotiva del terapeuta e sull’obiettivo di far “fare esperienza” di quei bisogni affettivi primari mai validati (Caporale e Battisti, 2023a). Dunque, solo dal consolidamento di questa prima fase di lavoro basata su una relazione terapeutica che restituisca sicurezza e fiducia (fase dell’esperienza emozionale riparativa), si potrà passare ad una successiva che abbia come focus quello di rendere consapevole il paziente delle proprie capacità reali (attaccamento) e potenziali (sessualità), attraverso lo strumento rivelativo dell’interpretazione (fase della mentalizzazione) (Caporale e Battisti, 2023a)
Sebbene queste prime due fasi siano importanti per favorire una sintesi creativa tra aspetti potenziali del Sé e capacità realizzative, e raggiungere uno stato di integrazione tra attaccamento e sessualità, si ha bisogno anche di un ultimo passaggio terapeutico per consolidare questo obiettivo.
A tal proposito, abbiamo già introdotto nella metodologia PPI una terza fase chiamata “dell’espansione dello stato di coscienza” ed incentrata sui concetti psicopedagogici di processo analitico come “zona di sviluppo prossimale” e del terapeuta come Scaffolder (Vygotskij, 1990), che meglio possa definire la natura e la specificità dell’intervento con tale tipologia di funzionamenti (Caporale e Battisti, 2023a).
In quest’ultimo avanzato stadio di lavoro, il terapeuta PPI tenderà a favorire le capacità di “messa a terra” del paziente in base ai suoi insight co-costruiti nelle fasi precedenti, attraverso un continuo processo di convalida empatica e di rinforzo cognitivo-comportamentale, divenendo “nuovo testimone” dei successi raggiunti (Caporale e Battisti, 2023a).
In altre parole, il costante senso di insicurezza di questi pazienti, che mina la loro qualità di vita, deriverebbe non solo dalla confusione e dalla scarsa messa a fuoco di risorse nuove e creative bloccate dalla barriera della rimozione e nascoste nell’inconscio dinamico, ma anche dalla resistenza al cambiamento, alla messa a terra ed alla realizzazione di quello di cui si sente di avere dentro.
Inoltre, le pressioni sociali del mondo contemporaneo, ove si deve far tutto bene nel minor tempo possibile in un continuo confronto narcisistico con altri, rischiano di aumentare ancora di più in questi pazienti, poco originali nella vita di tutti i giorni, il conformismo e la passività, amplificandone, attraverso l’emergere di paure, blocchi e sintomi, la confusione e l’incertezza del futuro su ciò che sia giusto o meno per loro. Seppur consapevoli dei loro disturbi, è proprio questa incapacità di messa a terra originale che spinge i pazienti nevrotici a cristallizzare così i problemi, mettendoli in uno stato di giacenza per mesi o anni, senza apportare grandi cambiamenti.
Dunque, un’importante funzione della terapia in questa fase avanzata è quella di mettersi accanto al paziente, che ha tutto potenzialmente per diventare protagonista, sostenendolo, incoraggiandolo, convalidandolo e, se necessario spronandolo, in quello che produce nella vita reale, nei rischi che si assume, nelle scelte giuste o sbagliate che ha il coraggio di prendere, come una figura genitoriale farebbe con il proprio figlio.
Un compito che si propone a questi pazienti per arginare il blocco e la difficoltà di ripartire è quello di lavorare sul concetto di azione rappresentativa. Si prescrive al paziente di mettere in atto nella vita di tutti i giorni un’azione che possa essere considerata simbolico-riparativa rispetto al tema conflittuale dominante reso consapevole dal lavoro interpretativo precedente. L’azione rappresentativa ha la forza di poter produrre piccoli e focali pront di cambiamento atti a rompere specifici schemi acquisiti e restituire al paziente una sufficiente percezione di padronanza, utile per i successivi upgrade terapeutici.
I pazienti nevrotici possono così scoprire mano mano un autentico senso di agentività e di efficacia personale, un esserci nel mondo, abbandonando quella passività che si poggia sullo scorrere del tempo e che crea una formula perfetta per non cambiare nulla, né andare avanti né cadere indietro, eternamente sospesi fuori dall’esistenza.
Puoi scaricare questo articolo cliccando qui
Bibliografia
Bergeret J. (1984), La personalità normale e patologica. Le strutture mentali, il carattere, i sintomi, Raffaello Cortina, Milano, 2002.
Bion W. (1962), Apprendere dall’esperienza, Armando Roma, 1972.
Bromberg P.M. (2001), Clinica del trauma e della dissociazione. Raffaello Cortina, Milano, 2007.
Battisti V., Caporale R. (2024), Il lavoro con i sogni nella psicoterapia psicodinamica integrata. Mente e Cura, Anno XV, 13.
Caporale R., Battisti V. (2024), La psicodiagnostica psicodinamica integrata: un modello multidimensionale della personalità, Mente e Cura, Anno XV, 13.
Caporale R., Battisti V. (2023a), La psicoterapia psicodinamica integrata: basi teorico-metodologiche, flessibilità della tecnica e finalità di intervento, Mente e Cura, Anno XIV, 12.
Caporale R., Battisti V., Ricci F. (2023), Caratteristiche di struttura e meccanismi eziopatogenetici del funzionamento psicotico: un modello integrato tra psicodinamica e neurobiologia interpersonale, Mente e Cura, XIV, 12.
Caporale R., Battisti V. (2023b), La polarizzazione depressivo-narcisistica. Livello autonomo di funzionamento della personalità, Mente e Cura, Anno XIV, 11.
Eagle M. N. (2012), Da Freud alla psicoanalisi contemporanea, Raffaello Cortina, Milano.
Freud S. (1923), L’Io e l’Es, Bollarti Boringhieri, Torino, 1978.
Fonagy,P, Target,M., (2001), Attaccamento e funzione riflessiva, Raffaello Cortina, Milano.
Hill D. (2015), Teoria della regolazione affettiva: un modello clinico. Tr.it Raffaello Cortina Milano 2017.
Janet, P. (1889), L’automatisme psychologique: essai de psychologie expérimentale sur les formes inférieures de l’activité humaine. Félix Alcan.
Kohut H. (1984), La cura psicoanalitica, Boringhieri, Torino, 1986.
Lago G. (2016), Compendio di Psicoterapia, (a cura di), Franco Angeli, Milano.
Lago G. (2006), La psicoterapia psicodinamica integrata: le basi e il metodo, Alpes, Roma.
Litchenberg J.D. (1995), Psicoanalisi e sistemi motivazionali, Raffaello Cortina, Milano.
Litchenberg J.D., Lachmann F. M., Fosshage J.L. (2012), I sistemi motivazionali, Il Mulino, Bologna.
Mucci C. (2022), Corpi borderline. Regolazione affettiva e clinica dei disturbi di personalità, Raffaello Cortina, Milano.
Van der Hart, O., Horst, R. (1989), The Dissociation Theory of Pierre Janet, Journal of Traumatic Stress, 2(4), 397-412.
Schore A.N. (2019), Psicoterapia con l’emisfero destro, Raffaello Cortina, Milano 2022.
Vygotskij Lev. (1990), Pensiero e linguaggio. Ricerche psicologiche. Laterza, Roma-Bari.